Rolando Hettner era nato a Firenze da una famiglia di artisti e intellettuali assai in vista. Suo padre, Otto Hettner, era stato uno dei primi pittori impressionisti in Germania. Nella primavera del 1933, quando i nazisti salirono al potere, Rolando Hettner frequentava la rinomata Accademia di Belle Arti di Dresda, dove era allievo del corso di perfezionamento di Otto Dix. Come tale fungeva da assistente del maestro durante le lezioni ordinarie e disponeva di un atelier nell'Accademia. I nazisti, ostili a tutte le correnti artistiche posteriori all'impressionismo, da loro additate al pubblico ludibrio come "degenerate", odiavano in modo particolare Dix per l'impegno sociale e pacifista espresso nei suoi dipinti. Dix fu quindi uno dei primi a essere messo al bando dalle accademie e dagli istituti di belle arti. Anche Hettner, che all'epoca aveva ventotto anni, subì la stessa sorte. Quando, poco tempo dopo, venne istituita la Camera del Reich per le arti figurative, cui tutti i pittori dovevano necessariamente appartenere se volevano continuare a esercitare la loro professione, Hettner potè ancora iscriversi, ma ormai era bollato come allievo di Dix, e nessuna galleria d'arte o museo osava esporre o acquistare suoi quadri. La sua vita artistica era dunque seriamente minacciata.

Come molti altri in quella difficile situazione, si mise a viaggiare, recandosi sul Baltico, nel Canton Ticino, in Italia, per mettere un po' di distanza tra sé e gli eventi politici e far maturare le decisioni per il futuro. Ma un nuovo colpo doveva abbattersi su di lui: nell'autunno del 1935, a seguito dell'entrata in vigore delle "leggi di Norimberga", venne espulso dalla Camera del Reich per le arti figurative perché sua moglie Marfried, secondo la classificazione ufficiale, era "ebrea completa". Di conseguenza ora Hettner non poteva più neppure insegnare educazione artistica nelle scuole o lavorare come designer nell'industria. Gli erano dunque precluse anche quelle soluzioni di ripiego cui di solito ricorrevano gli artisti che non potevano esporre le proprie opere. Decise quindi di lasciare la Germania e di trasferirsi in Italia, paese in cui aveva trascorso parte della sua infanzia (era nato nel 1905 a Firenze) e dove aveva compiuto numerosi viaggi. Pur essendo già divorziato al momento dell'entrata in vigore delle "leggi di Norimberga", non tentò in alcun modo di ottenere una revoca del provvedimento, ma anzi si riawicinò alla moglie e, insieme a lei e al figlio Floriano di tre anni, partì per l'esilio.

Arrivato in Italia, si stabilì a Milano, dove ritrovò due amici degli anni di Dresda, il giornalista Joachim Krull e il critico d'arte Erich E. Baumbach, che erano emigrati prima di lui. Fece amicizia con il pittore Gabriele Mucchi e sua moglie, la scultrice Jenny Wiegmann Mucchi di Berlino, che per qualche tempo lo ospitarono in casa loro, e conobbe il pittore Raffaele De Grada e il grafico Carlo Dradi, che come coeditore della rivista "Campografico" si era adoperato per diffondere in Italia le idee del Bauhaus. Baumbach e i coniugi Mucchi lo introdussero nel gruppo di "Corrente", tramite il quale potè entrare in contatto con altri artisti italiani. Baumbach lo presentò in un libretto, pubblicato in tedesco e in francese dalle Edizioni Campografico, intitolato Der Maler Roland Hettner - Le Peintre Roland Hettner, e lo rese noto a un pubblico più vasto con un articolo sulla rivista "Corrente". Durante il suo soggiorno milanese Hettner riuscì a partecipare a due mostre collettive, e le sue opere ebbero una buona risonanza, anche se Carlo Carrà si mostrò critico, dichiarando in un articolo che il suo "sincretismo" arrivava con venti anni di ritardo. A Milano Hettner fece vita grama, riuscendo solo assai di rado a vendere qualche quadro, tanto che dovette guadagnarsi da vivere con lavori occasionali, e spesso si trovò ridotto alla fame. Ben sette volte dovette cambiare alloggio.

Al momento della sua partenza da Dresda, Hettner aveva fatto credere che sarebbe tornato entro breve tempo, e non si era pertanto procurato l'autorizzazione del Distretto militare, necessaria per il soggiorno all'estero. Quando, nel febbraio 1938, venne introdotto l'obbligo per tutti i tedeschi residenti all'estero di registrarsi presso i loro consolati, Hettner, a quanto pare, si sottrasse a lungo a tale adempimento. Col passare del tempo, tuttavia, il rischio dovette apparirgli eccessivo, in quanto i consolati lavoravano a stretto contatto con l'organizzazione estera della NSDAP, i cui membri spiavano gli esuli. Inoltre entrambi i consoli generali in carica a Milano dopo il 1937 erano alti ufficiali delle SS e fanatici seguaci del Fùhrer. La sorveglianza da parte dell'organizzazione estera della NSDAP era pericolosa per Hettner anche perché, continuando a convivere con la ex moglie, si esponeva all'accusa di "Rassenschande", owerossia di "oltraggio alla razza". E in effetti pare che sia stato anche denunciato per questo motivo. A causa della collaborazione tra la polizia tedesca e quella italiana, ogni comportamento indesiderato poteva portare al "rimpatrio" forzato in Germania. Durante la campagna di Francia i tedeschi residenti all'estero non vennero in genere richiamati alle armi (gli ebrei erano comunque esclusi dal servizio militare per le "leggi di Norimberga"). A seguito delle gravissime perdite subite dai tedeschi dopo la battaglia di Stalingrado, però, anche Hettner rischiò di essere richiamato. Secondo quanto mi ha raccontato Marfried Hettner in un colloquio, riuscì tuttavia a sottrarsi al servizio militare grazie a radiografie e certificati falsi.

Con l'entrata in guerra dell'Italia Rolando Hettner si trovò separato da Marfried e da Floriano, che in quanto "ebrei stranieri" vennero internati a Brienza, una località sperduta della Basilicata, sfornita all'epoca sia di luce elettrica che di acqua corrente. L'acqua veniva portata a dorso d'asino in anfore di terracotta, da una fonte assai lontana dal paese, ed era quindi troppo preziosa perché la si potesse usare per lavarsi. Marfried ricorda gli abitanti del paese sempre sporchi e coperti di polvere, quasi tutti scalzi. Madre e figlio dormivano in una stanzetta, su un pagliericcio, e per gabinetto dovevano usare un secchio rugginoso che veniva poi vuotato dalla finestra nel dirupo sottostante. Quando Floriano si ammalò di itterizia fu concesso loro di cambiare luogo di internamento e di trasferirsi a San Severino Marche, dove le condizioni di vita erano nettamente migliori. Marfried ebbe poi il permesso di recarsi a Roma, per tentare di ottenere un visto per il Brasile. Dopo qualche tempo si fece raggiungere da Floriano, e un benevolo funzionario della questura le permise di rimanere a Roma, dove per guadagnarsi da vivere lavorò clandestinamente come comparsa a Cinecittà. Dopo i pesanti bombardamenti su Milano, nel marzo 1943 Rolando Hettner affittò una casa a Blevio, vicino a Como, e prese Floriano con sé. Quando, dopo l'armistizio dell'8 settembre, vi fu l'occupazione tedesca, entrambi partirono alla volta di Roma per stare vicini a Marfried nel momento di maggior pericolo. Essa infatti rischiava ora di essere deportata e di finire, come oggi sappiamo, in un campo di sterminio. Vi era però anche un altro motivo, non meno importante del primo, per affrontare il disagevole viaggio verso sud, su treni sovraffollati e sotto la minaccia di incappare in qualsiasi momento in un controllo da parte di una pattuglia tedesca: dopo l'8 settembre, infatti, tutti i cittadini germanici la cui presenza in Italia non fosse considerata indispensabile furono invitati dai consolati a tornare in Germania. Chi si opponeva all'intimazione rischiava l'arresto. Per Hettner il ritorno in Germania avrebbe significato con certezza, oltre alla separazione dai suoi, l'immediato arruolamento. Non gli restava quindi altra scelta che rimanere nascosto.

A Roma Hettner fu ospitato all'Hotel Maestoso, un albergo di via Veneto, a poca distanza dagli uffici della Wehrmacht, dove il direttore, uno svizzero, Fritz Metzger, lo protesse dalla polizia. Marfried era già stata accolta da padre Raffaele Cubbe nel collegio di Mondragone, presso Frascati. Dopo qualche tempo anche Rolando e Floriano poterono raggiungerla. Nel gennaio 1944 il Comune di Monte Porzio Catone rilasciò a Rolando Hettner un documento provvisorio d'identità a nome Rolando Santini. Come luogo di nascita era indicata Catania, già sotto il controllo degli alleati, per cui era impossibile effettuare verifiche. Una fotografia scattata nel nascondiglio di Mondragone mostra Hettner col volto stanco e tirato, segnato dalla tensione. Soltanto la sua pipa sembra emanare un'aura di tranquillità. In un'altra fotografia si vede Floriano, di dieci anni, insieme agli insegnanti (tre sacerdoti) e ai compagni di scuola, tra cui due ragazzi ebrei di Roma e un giovane esule austriaco.
All'avvicinarsi delle truppe alleate gli allievi del convitto e le persone nascoste nel convento vennero trasferiti a Roma per timore di sparatorie. Rolando Hettner venne ospitato nella foresteria dei Padri Pallottini, sulle rive del Tevere, mentre Marfried fu sistemata come domestica presso una famiglia e Floriano fu accolto nel collegio di San Giuseppe. Dopo la liberazione di Roma Rolando Hettner stabilì contatti con ambienti della Resistenza e collaborò a due importanti riviste da poco fondate, "Folla" e "II Cosmopolita", illustrando numerosi articoli. Colpisce in modo particolare un disegno dal titolo L'ultima leva di Hitler. Con un evidente ricordo del dipinto di Bruegel I ciechi, conservato nel Museo di Capodimonte a Napoli, il disegno mostra sei storpi, con le loro grucce e le loro bende, allineati in diagonale davanti alle rovine carbonizzate di un campo di battaglia.

Quando anche Milano si fu liberata dal giogo dell'occupazione e del collaborazionismo Hettner tornò in quella città, dove aveva trascorso sei anni assai formativi della sua vita. Il trasferimento segnò anche la definitiva separazione da Marfried, che insieme a Floriano si stabilì invece a Ischia, dove in seguitò si risposò. A Milano Hettner lavorò come illustratore per la rivista di Elio Vittorini "II Politecnico", ma il compenso era così scarso che dovette necessariamente cercare altre fonti di guadagno. Quando gli fu offerto di dirigere una importante manifattura di ceramiche, la fabbrica Gabbianelli, accettò, e in tal modo riprese un'attività che già aveva appreso ed esercitato in Germania, prima di studiare da pittore. Il manifestarsi della tubercolosi, dovuta alle privazioni dell'esilio e della clandestinità, lo costrinse però ben presto ad abbandonare questa promettente attività. Dopo aver trascorso alcuni mesi in un sanatorio di Cernusco, si stabilì insieme a José Repuzzi, la sua nuova compagna, a Torno, presso Como, dove comprò un vecchio mulino, ampliandolo e trasformandolo in una fabbrica di ceramiche. Negli anni Cinquanta, quando aveva ormai acquistato la cittadinanza italiana, era considerato uno dei migliori artisti della ceramica in Italia, e nel 1951 gli venne conferita per questa sua attività una medaglia d'oro della Triennale di Milano. Nel 1958, a parte una rubrica mensile, I consigli di Hettner, sulla rivista "La Ceramica", rubrica rivolta alla nuova generazione di ceramisti italiani, abbandonò, malgrado il prestigio conquistato, tale attività e ritornò alla pittura. Furono anni di intensa ricerca espressiva e di riappropriazione del linguaggio pittorico.

Il suo lavoro venne ancor più arricchito da una nuova esperienza: quella didattica. Insegnò infatti in una scuola media sperimentale, contribuendo così alla ricerca per la riforma della scuola media italiana. La sua aula di materie artistiche nella scuola media di Oulx (Torino) fu visitata da pedagogisti e giornalisti di svariati paesi, anche stranieri, e il suo lavoro didattico sottoposto a una approfondita elaborazione teorica. Tanto che questa esperienza lo porterà, una volta riformata la scuola media, alla pubblicazione di un libro di testo per le materie artistiche: Mi esprimo con l'arte, coautore Carlo Perucci, casa editrice Le Monnier, Firenze, 1964. Nel frattempo partecipò a numerosi corsi di aggiornamento per gli insegnanti della materia a cura del Ministero della pubblica istruzione. Ma gli anni passavano velocemente. Nel 1967 Hettner lasciò definitivamente qual-siasi altra attività e, vivendo appartato nella sua casa di campagna a Vaprio d'Adda (in provincia di Milano), riuscì a trarre dal suo corpo indebolito potenti dipinti a olio che, rifacendosi alla pittura espressionista, ne portavano all'estremo i moduli espressivi. Alcuni motivi, che lo avevano accompagnato per lunghi periodi della sua vita, trovarono allora la loro forma definitiva. La morte lo colse a Vaprio d'Adda il 7 gennaio 1978.
Esule e senza patria, Hettner aveva finito per diventare italiano integrandosi completamente nel suo nuovo ambiente, al quale sentiva di appartenere. Nella sua pittura rimase tuttavia vivo l'influsso degli anni di formazione in Germania. Come quella di molti altri esuli anche la sua opera è quasi dimenticata nel suo paese d'origine. All'oblio ha certo contribuito anche il fatto che Hettner fosse originario di Dresda: malgrado l'interesse suscitato dalla sua opera nella Repubblica Democratica Tedesca, non si arrivò mai a realizzare una mostra, perché troppo rigidi erano i limiti posti ai contatti con l'"Occidente", per motivi in parte ideologici e in parte economici.

Quest'anno, per la prima volta, verranno esposte in Germania opere di Rolando Hettner, sia nell'ambito di una mostra sugli allievi di Otto Dix a Gera e in altre città sia nella mostra "Rifugio precario. Artisti e intellettuali tedeschi in Italia 1933-1945", che dopo essere stata allestita a Milano nel Palazzo della Ragione si trasferirà a Berlino presso l'Akademie der Kùnste. Per l'anno prossimo è finalmente in programma una mostra a Dresda, che sarà dedicata, oltre che all'opera di Rolando Hettner, anche a suo padre Otto Hettner.

Klaus Voigt. Settembre 1995
Dal catalogo "Rolando Hettner un tedesco italiano, dall'esilio all'integrazione"